Ferdinando botanico

Ferdinando Panciatichi si è dedicato per lungo tempo alla botanica e all'orticoltura. Ne è chiara testimonianza il Parco che circonda il Castello di Sammezzano ove il Marchese pianto' numerose specie arboree, alcune per la prima volta acclimatate in Italia come le maestose sequoie,  di cui parlerà anni dopo la figlia Marianna, (anch'ella iscritta alla Società di Orticultura) nel volume "Il Parco di Sammezzano e le sue piante". Fu fondatore (insieme a Bettino Ricasoli,  Antonio Targioni-Tozzetti , Carlo Torrigiani e molti altri esponenti di famiglie fiorentine illustri)   della Società Italiana di Orticultura di Firenze che venne istituita il 24 Marzo 1854, allo scopo di organizzare esposizioni ed eventi di grande fama. Di seguito la "prolusione" di Ferdinando in occasione della Consegna dei premi in occasione dell'annuale esposizione sociale.

Prolusione

Letta dal

Marchese Ferdinando Panciatichi

Vice – Presidente della Società di Orticultura

Nell’Adunanza solenne del 30 Settembre 1855

In occasione della distribuzione dei Premi

Se la visita di una esposizione, in cui sono raccolti i tesori di Flora e di Pomona rallegra l’occhio, ed il cuore di un osservatore superficiale, che si limita alle apparenze, un pensatore vede in simile istituzione qualche cosa più di una semplice mostra, e domanda a se stesso qual motivo è stato quello, che ha spinto una società ad occuparsi indefessamente di un’arte, che non sembra sulle prime aver bisogno d’incoraggiamento. E’ per rispondere appunto a questa domanda, che io credo opportuno dovere in brevi parole esporre di nuovo lo scopo, che si tenta raggiungere.

Se gli sforzi della Società di orticultura dovessero limitarsi ad ottenere soltanto qualche bella collezione di piante esotiche, o l’introduzione di qualche varietà in più, ciò non sarebbe premio adeguato né alle cure impiegate, né alla grandezza dei resultati a cui si mira. Ma l’idea fondamentale, che forma il cardine principale, su cui gravitano le forze concentriche di questo consesso, si è quello di popolarizzare per mezzo dell’ allettativa dei giardini, e dei pomarj quella scienza novella che ha formato dell’ orticultura un’arte quasi incognita agli antichi. E come le pazienti e ristrette indagini d’un laboratorio di Chimica servono a introdurre nelle arti nuovi processi, che lo trasmutano quasi per intero, così come la Società ha sperato che i saggi appunto che si otterranno nei privati giardini, potranno popolarizzare certi principii troppo trascurati nella agricoltura tra noi, e trasfondere in questa la vita novella che l’è necessaria, si per giungere a quello sviluppo che può darle la scienza moderna, come a renderla capace di supplire ai bisogni, che un aumento di popolazione, l’accrescimento del lusso, e la coltura del ben’ esser materiale l’obbligano a soddisfare.

I limiti che la convenienza, e la benevolenza dell’ auditorio m’impongono, non mi permettono d’abusare del tempo dei miei colleghi, e del pubblico per dare maggiore estensione a quelle idee. Mi sia lecito però toccare brevemente alcune cose, essenziali al nostro scopo.

E’ solamente nei giardini che si può tentare l’acclimatazione di molte Conifere, atte a ripopolare i nostri monti, denudati della loro verdeggiante chioma, che per questa mancanza appunto attirano su i sottoposti valloni i flagelli delle tempeste, le quali travolgono tra le torbide spume d’impetuose torrenti i pascoli, e le biade, speranze dell’agricoltore.

E’ nei giardini ancora che gli sforzi degli amatori debbon fissarsi sul taglio degli alberi fruttiferi troppo negletto tra noi onde essere quindi applicati in più vaste proporzioni nelle fattorie; ed è ancora agli sforzi dei giardinieri che io credo dovere raccomandare l’acclimatazione di molte piante utili, già diffuse nelle stufe, l’introduzione di nuovi alberi da frutto sconosciuti tra noi, e specialmente la coltivazione delle Mirtacee, e più particolarmente del genere Eugenia, interessantissimo per la squisitezza dé suoi frutti, che in alcune situazioni privilegiate può contentarsi delle semplici cure impiegate per i Cedrati a spalliera.

Ma se le nuove introduzioni sono di loro natura stimabilissime, un ingegno indagatore delle cose potrà osservare nel secolo una perniciosa tendenza a metter in non cale ciò che formò la delizia degli avi nostri, quasi che le cose, per essere buone, e belle abbiano bisogno del suggello straniero, e delle nuovità, ed è per ciò che io credo di dovere più particolarmente raccomandare agli orticoltori il reintegrare nei nostri giardini molte specie di fiori, e di frutti, che n’erano stati sbanditi per soverchia smania di oltremontanismo e di nuovo.

Desiderio grandissimo della Società, e bisogno universalmente sentito sarebbe quello di unire ai precetti e all’incoraggiamento l’esempio, ma ad ottenere l’adempimento di sì giusti voti si impongono le condizioni economiche della Società medesima.

E’ però sperabile che lo zelo dé Socj, la cooperazione del sesso gentile, che ci ha onorati della sua presenza, e la benevolenza del pubblico, congiunta con la protezione governativa possano un giorno fornirci il modo di formare un giardino modello, dal quale come da centro raggiante si sviluppi quella benefica influenza, che giovi a far giungere l’orticultura a quell’ apice di perfezione, che ci ripromettono il sorriso del nostro limpido cielo, la bellezza delle vaghe colline, che coronano la regina dei fiori, e l’ingegno dei suoi svegliati abitanti.


FerdinandoPanciatichiXimenes Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona (Foto Michele Schemboche